La magnitudine assoluta, nel campo dell’astronomia, rappresenta un criterio fondamentale per quantificare la luminosità di un oggetto situato a una distanza di 10 parsec, equivalenti a 3,26 anni luce. Questo indicatore consente una caratterizzazione efficace degli oggetti celesti, senza necessità di ulteriori dettagli complicati. Ad esempio, la magnitudine apparente offre un metodo alternativo per misurare la luminosità, ma viene influenzata dalla distanza tra l’oggetto e l’osservatore.
Se un oggetto si trova più vicino, apparirà più luminoso e viceversa. Pertanto, quando si comunica la luminosità di un asteroide in termini di magnitudine apparente, è fondamentale specificare la distanza di osservazione; al contrario, con la magnitudine assoluta, è chiaro che la distanza considerata è di 3,26 anni luce. L’impiego della magnitudine assoluta permette agli astronomi di confrontare la luminosità osservata senza considerare le variazioni di distanza.
La magnitudine assoluta è calcolata su una scala logaritmica di 100.4, corrispondente all’incirca a 2.512. Questo implica che un oggetto A con magnitudine assoluta di -25.5 risulta essere 10 volte più luminoso di un oggetto B che ha una magnitudine di -20, e 100 volte più luminoso di un oggetto C che presenta una magnitudine di -14.5. In altre parole, se fosse possibile osservare contemporaneamente gli oggetti A e B dalla stessa distanza, l’oggetto A apparirebbe dieci volte più luminoso rispetto all’oggetto B. Inoltre, è possibile collegare la magnitudine assoluta alla dimensione dell’oggetto osservato, ma ciò richiede l’uso di un’altra grandezza, ovvero la magnitudine bolometrica.