La presenza di enormi buchi neri nell’universo primordiale solleva interrogativi sulle nostre idee su come si formino e crescano questi misteriosi oggetti. Recenti studi suggeriscono che questi colossi possano avere le loro radici nelle prime fasi del Big Bang.
Da anni, gli astronomi sono stati colpiti dalle osservazioni di buchi neri supermassivi già completamente formati, quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni. Questo è problematico perché, fino ad ora, sappiamo che l’unico modo per formare buchi neri è attraverso la vita e la morte di stelle massicce. E l’unico modo affinché possano crescere è attraverso fusioni o l’accumulo di materia. Seguendo questi meccanismi noti, risulta estremamente difficile spiegare la formazione di buchi neri di massa centinaia di milioni di volte quella del Sole in così poco tempo.
Di conseguenza, gli astronomi hanno cercato varie soluzioni per spiegare come questi giganteschi buchi neri possano essere presenti nell’universo. In un nuovo studio, un team di ricercatori propone un scenario sorprendente: i primi microsecondi dopo il Big Bang.
Negli anni ’70, Stephen Hawking fece l’ipotesi che le instabilità del tumultuoso universo primordiale potessero causare fluttuazioni casuali della materia, che si sarebbero potute condensare spontaneamente per formare buchi neri. Questi buchi neri primordiali potrebbero persistere fino ai giorni nostri, con alcuni astronomi che hanno persino suggerito che possano spiegare la materia oscura.
Tuttavia, le osservazioni hanno imposto vincoli significativi sulla presenza di buchi neri primordiali. Non possono rappresentare una componente fondamentale dell’universo, altrimenti avremmo già osservato prove della loro esistenza.
Nel nuovo studio, i ricercatori indicano che non è necessario che siano comuni per formare i semi dei buchi neri supermassivi. Possono essere incredibilmente rari, costituendo meno dell’1% della massa totale dell’universo. Se si sono formati nell’universo primordiale, nel tempo possono lentamente accrescere nuova materia e fondersi tra loro, specialmente nei primi cento milioni di anni, quando le galassie stanno iniziando a formarsi.
Questo scenario implica che i buchi neri giganti si formarono non dopo l’emergere delle prime stelle, ma parallelamente a esse. Quindi, nel momento in cui le stelle e le galassie si manifestano, i buchi neri sono già completamente sviluppati.
I ricercatori hanno tracciato un possibile scenario che giustifica la popolazione osservata di buchi neri giganti nell’universo giovane. Tuttavia, questo rappresenta solo il primo passo della ricerca. Il passo successivo sarà quello di perfezionare questi modelli e integrarli in simulazioni più dettagliate sull’evoluzione dell’universo primordiale per valutare quanto sia plausibile questo scenario.