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Buone notizie: il buco dell’ozono continua a ridursi!

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Climate change remains one of the most pressing issues of our time, drawing intense debate and concern globally. While the reliance on fossil fuels continues and the impact of human activity on climate remains significant, there is a ray of hope as we witness positive changes in specific environmental aspects. Over recent decades, chlorofluorocarbons (CFCs) have been released into the atmosphere, contributing to a critical thinning of the ozone layer. However, thanks to international regulatory frameworks and a concerted effort to reduce these substances, we can observe a gradual recovery of the ozone layer.

La stratosfera terrestre ospita lo strato di ozono, che forma un importante schermo protettivo. Si trova a un’altitudine di circa 15-35 chilometri e gioca un ruolo cruciale nell’assorbire la radiazione ultravioletta nociva. Composto principalmente da ozono, che è formato da tre molecole di ossigeno, questo strato filtra le radiazioni UV-B e UV-C, incrementando così la protezione contro malattie come il cancro della pelle e le cataratte e prevenendo danni alle colture. Il resto dell’atmosfera è composto principalmente da azoto (78%), ossigeno (21%) e una piccola percentuale di altri gas.

Un’immagine dell’atmosfera terrestre dallo spazio. Credito: NASA.

Negli ultimi decenni, gli studi scientifici hanno rivelato che alcune sostanze chimiche, in particolare i noti clorofluorocarburi (CFC), stavano disintegrando lentamente lo strato di ozono, portando alla formazione di buchi stagionali, specialmente sopra l’Antartide. Con la firma del Protocollo di Montreal nel 1987, sono state introdotte misure per ridurre l’emissione globale di CFC e di altri gas dannosi per l’ozono.

Recentemente, un team di scienziati della NASA e della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) ha confermato che il buco dell’ozono sopra il polo sud è relativamente più piccolo rispetto agli anni precedenti. Durante il periodo da settembre a ottobre, quando il fenomeno di erosione dell’ozono raggiunge il suo massimo, si è registrato il settimo buco più piccolo dal 1992. In media, una stagione presenta una impressionante perdita di 20 milioni di chilometri quadrati di ozono, e i dati del team suggeriscono la possibilità di un recupero completo della fascia entro il 2066.

Per raccogliere i dati, il team impiega diversi sistemi. Satelliti come Aura, NOAA-20 e NOAA-21, oltre al Suomi NPP, sono utilizzati per acquisire informazioni dall’orbita. In aggiunta, vengono impiegati palloni meteorologici, lanciati dall’Osservatorio Atmosferico Baseline del Polo Sud, per misurare direttamente le concentrazioni di ozono.

Le orbite geostazionarie sono utilizzate dai satelliti di telecomunicazione e da altri satelliti di monitoraggio ambientale. Questa immagine mostra uno dei satelliti operativi ambientali geostazionari della NOAA. Credito immagine: NOAA.

Le misurazioni sono espresse in unità di Dobson. Un’unità di Dobson corrisponde al numero di molecole di ozono necessarie per formare uno strato di ozono puro di 0,01 millimetri di spessore. Naturalmente, fattori come temperatura e pressione influenzano questi dati; per questo motivo, la misurazione si basa su uno strato a 0 gradi Celsius e 1 atmosfera (la pressione atmosferica media al livello del mare). Nel 2024, la misurazione di ottobre è stata di 109 unità di Dobson, rispetto al valore minimo mai registrato di 92 nel 2006.

Il Protocollo di Montreal sta sicuramente facendo la differenza, evidenziando un calo significativo e continuato dei CFC. Tale riduzione, insieme all’infusione di ozono proveniente a nord dell’Antartide, ha contribuito a invertire il processo di erosione.

Fonte: Il buco dell’ozono continua a guarire nel 2024

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