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Buchi neri supermassicci: come hanno piegato le leggi della fisica

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Recenti studi hanno rivelato che i buchi neri formatisi meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang potrebbero aver violato le leggi fisiche per crescere a dimensioni enormi. Questa scoperta potrebbe fornire una spiegazione a uno dei più ingombranti enigmi della scienza spaziale: come hanno fatto i buchi neri supermassicci nell’universo primordiale a diventare così grandi così in fretta? I buchi neri supermassicci, con masse milioni o addirittura miliardi di volte quella del sole, si trovano al centro di tutte le grandi galassie. Si ipotizza che crescano attraverso una serie di fusioni tra buchi neri sempre più grandi, oltre che a volte nutrendosi della materia circostante. Tali buchi neri supermassicci in fase di alimentazione fanno sì che il materiale che li circonda (in nubi appiattite chiamate “dischi di accrescimento”) brilli così intensamente da poter essere osservato a grandi distanze. Questi oggetti molto luminosi sono noti come “quasar” e possono superare la luce combinata di tutte le stelle nelle galassie in cui si trovano.

Tuttavia, si crede che i processi che consentono ai buchi neri di raggiungere lo status di “supermassiccio” avvengano su intervalli di tempo superiori a 1 miliardo di anni: ciò significa che osservare quasar alimentati da buchi neri supermassicci circa 500 milioni di anni dopo il Big Bang, come ha fatto il telescopio spaziale James Webb (JWST), rappresenta un grosso problema (o addirittura uno supermassiccio?) per gli scienziati.

Per risolvere questo mistero, un gruppo di ricercatori ha utilizzato i telescopi spaziali XMM-Newton e Chandra per esaminare 21 dei quasar più antichi mai scoperti nella luce dei raggi X. La loro scoperta ha rivelato che questi buchi neri supermassicci, formatisi durante un’epoca universale precoce chiamata “alba cosmica”, potrebbero aver rapidamente raggiunto masse enormi attraverso improvvisi eventi di alimentazione, o “accrescimento”.

Le osservazioni potrebbero chiarire come i buchi neri supermassicci siano esistiti come quasar nell’universo primordiale. “I nostri dati suggeriscono che i buchi neri supermassicci al centro dei primi quasar formatisi nel primo miliardo di anni dell’universo potrebbero aver aumentato la loro massa molto rapidamente, sfidando i limiti della fisica,” affermano i ricercatori.

L’alimentazione veloce cui sembrano essersi dedicati questi primi buchi neri supermassicci è considerata come una violazione delle leggi fisiche, a causa di una regola chiamata “limite di Eddington”.

La risposta soffia nel vento

Il limite di Eddington stabilisce che, per qualsiasi corpo nello spazio che sta accrescendo materia, c’è una luminosità massima che può essere raggiunta prima che la pressione di radiazione della luce generata superi la forza di gravità e respinga il materiale, impedendo a quest’ultimo di cadere nel corpo che sta accrescendo.

In altre parole, un buco nero che si nutre rapidamente dovrebbe generare così tanta luce dall’ambiente circostante da esaurire la propria fonte di cibo e fermare la propria crescita. I risultati di questo team suggeriscono che il limite di Eddington potrebbe essere ridefinito e che i buchi neri supermassicci potrebbero entrare in una fase di “accrescimento super-Eddington”.

Le prove di questo risultato sono emerse da un legame tra la forma dello spettro dei raggi X emessi da questi quasar e la velocità di potenti venti di materia che si allontanano da essi, i quali possono raggiungere migliaia di miglia all’ora.

Un’illustrazione mostra potenti venti di materia che fluiscono da un buco nero supermassiccio primordiale. (Credito immagine: Roberto Molar Candanosa/Johns Hopkins University) Questo legame suggerisce una connessione tra le velocità dei venti dei quasar e la temperatura del gas emettente raggi X situato più vicino al buco nero centrale associato a quel particolare quasar. I quasar con emissione di raggi X a bassa energia, e quindi gas più freddo, sembravano avere venti di movimento più rapido. Al contrario, i quasar ad alta energia sembravano avere venti più lenti.

Poiché la temperatura del gas vicino al buco nero è legata ai meccanismi che ne permettono l’accrescimento di materia, questa situazione suggerisce una fase super-Eddington per i buchi neri supermassicci in cui essi si nutrono intensamente e, quindi, crescono rapidamente. Questo potrebbe spiegare come i buchi neri supermassicci siano venuti ad esistere nell’universo primordiale prima che il cosmo avesse un miliardo di anni. “La scoperta di questo legame tra emissione di raggi X e venti è cruciale per comprendere come tali grandi buchi neri si siano formati in un tempo così ridotto, offrendo così un indizio concreto per risolvere uno dei più grandi enigmi dell’astrofisica moderna.”

I dati di XMM-Newton utilizzati dal team sono stati raccolti tra il 2021 e il 2023 all’interno del Programma di Eredità Multiannuale di XMM-Newton, diretto dal ricercatore INAF Luca Zappacosta, e del progetto HYPERION, che mira a studiare quasar iperluminosi all’alba cosmica dell’universo.

“Per il programma HYPERION, ci siamo concentrati su due fattori chiave: da un lato, la scelta accurata dei quasar da osservare, selezionando titani, vale a dire quelli che avevano accumulato la massima massa possibile, e dall’altro, lo studio approfondito delle loro proprietà in raggi X, mai tentato prima su così tanti oggetti all’alba cosmica,” affermano i ricercatori nella dichiarazione. “I risultati che stiamo ottenendo sono davvero inaspettati e indicano chiaramente un meccanismo di crescita tipo super-Eddington per i buchi neri.

“Direi che abbiamo colpito il jackpot!” La ricerca del team è stata pubblicata mercoledì (20 novembre) nella rivista Astronomia e Astrofisica.

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